Srebrena Traka 2010…La lunghezza non e’ importante :)


Ado Hasanović, giovane regista di Srebrenica, e’ tornato ai microfoni di radio Balkaut, questa volta per promuovere un’interessante iniziativa: il festival internazionale di cortometraggi Srebrena Traka che si terra’ a Srebrenica dal 17 al 19 Settembre 2010! In qualita’ di art director del festival, Ado ci ha raccontato di che cosa si tratta…Gli spettatori quest’anno potranno godere di film di qualita’ e il divertimento e’ assicurato. Durante il giorno potrete partecipare ai laboratori: il primo di regia (con Robert Golden) e il secondo di effetti speciali (con Berin Tuzlic). E la sera CONCERTI!!

Saranno inoltre  presenti un gran numero di attori e produttori di fama internazionale!

Il nostro ospite ha aggiunto scherzando "Nije bitna dužina nego šta ćete uraditi sa njim!" ovvero "La lunghezza non e’ importante ma e’ importante cio’ che farete con lui!"… inutile spiegarvi che si allude ai cortometraggi 🙂

scarica il volantino e manda il tuo cortometraggio 

Il festival e’ internazionale per cui sono tutti benvenuti!

per info
srebrenatraka@hotmail.com

 

 

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Video Žurnal: from Srebrenica to Torino and from Torino to Srebrenica

Dal minuto 4:29 potete ammirare in tutto il suo splendore la Slaventina De Filippi de noartri. Il videogiornale e’ stato trasmesso in otto televisioni bosniache e il servizio in questione racconta l’esperienza di Ado Hasanovic a Torino e a radio Balkaut… Buona visione ‘n’ stay tuned!

 

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3 Marzo 2010 Sesto San Giovanni – Coordinamento Nazionale per la Jugoslavija

 
 
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Sahib, un romanzo di Nenad Veličković

Le nostre vacanze, ahimè, sono ancora lontane. Ma certamente qualcuno di voi già si appresta ad abbrustolirsi al sole in compagnia di un bel libro: inauguriamo dunque per voi l’angolo letterario di questo (no)blog. Il primo libro di cui vogliamo parlarvi  è SAHIB, un romanzo di Nenad Veličković, che è indiscutibilmente la lettura più interessante che mi sia capitata nel 2009.

Sotto ne riportiamo una breve descrizione.

 

Sahib è un romanzo epistolare
ambientato nella Sarajevo post-dayton: tramite sessant
a messaggi di
posta elettronica, l’autore ci racconta la sua Bosnia vista
attraverso gli occhi di un operatore di pace inglese che mantiene una
fitta corrispondenza con il suo amante. E sarà questa corrispondenza
a mostrarci la rigidità e gli stereotipi con cui tutti noi dobbiamo
fare i conti quando proviamo a metterci in relazione con l’Altro.
Infatti il protagonista, che è anche la voce narrante, è
straniero e lo dichiara fin dalle prime pagine:


Nisam
č
ekao
na pasoškoj i carinskoj kontroli, jer nas (strance) njihova policija
i carina nemaju pravo kontrolisati”
1


E questa alterità è duplice: egli è
omosessuale e vive la sua diversità in un paese molto conservatore e
tradizionalista che non vede di buon occhio l’omosessualità nemmeno
in termini di finzione letteraria (per questo l’autore è stato
duramente criticato dai suoi connazionali). Sahib è il nome
dell’autista privato del protagonista, unico interlocutore con cui
presto costruirà una vera e propria amicizia e di cui il suo
compagno, Džordž, è follemente geloso. In effetti è con lui che
passa la maggior parte del suo tempo, ed è proprio questa amicizia
alla base dell’incontro fra oriente ed occidente, fra due individui
che fino alla fine sentiranno il peso di essere stranieri agli occhi
dell’Altro . Un amicizia particolare che renderà possibile una serie
di situazioni comiche, fraintendimenti, incomprensioni e vittimismi.
La scelta del nome non è casuale: Sahib significa compagno,
amico, ma anche “proprietario” e in effetti il loro è un
rapporto di dipendenza. La parola sahib inoltre veniva usata dai
popoli indiani nel periodo delle colonizzazioni per definire gli
europei. Benchè la trama sia semplice, il ritmo è incalzante: ben
presto si crea l’atmosfera del triller e il lettore si chiede se lui
sia realmente innamorato di Sahib oppure no. Lo scoprirà soltanto
leggendo la sessantesima ed ultima lettera.


Il personaggio descritto
da Veličković è autentico: egli riesce ad immedesimarsi
perfettamente nella mentalità di un funzionario di un
organizzazione internazionale a cui è stata offerta la possibilità
di svolgere un lavoro “utile” per un progetto “umanitario”
senza troppe responsabilità e con un buon salario. La critica alle
ONG e ai loro progetti di dubbia utilità viene espressa mediante un
umorismo che cresce di pagina in pagina:



Moram
pregledati dvije ef-ar-ej, nisam još uskladio ej-ti-efove sa
aj-si-kjuovima, iz prokjurmenta mi traže revalorizovane ou-si-die,
moj sedmični report nisam još počeo a sutra je dedlajn, iz
ou-dži-esa su mi poslali šesnaest strana dži-aj-era, a šef sutra
ujutru očekuje moj brifing kojeg ne mogu završiti bez pi-em-esa.”
2


L’autore
citando serie di sigle incomprensibili ironizza e ci mette in guardia
sul fatto che probabilmente dietro questi briefing, rapporti
settimanali, e dead line non c’è nulla di concreto
.
E
lo dimostra chiaramente descrivendo la sua giornata tipo:

Imamo
pravo na sat pauze, ali to važi samo za lokalce. Mi ostali možemo
ostati i duže.Od devet do deset čitaju se vijesti na internetu.
[…]Od deset do jedanaest e-mailom se šalju i primaju vicevi i
druge zajebancije. […]Od tri do pet surfamo, ili igramo
igrica.[…]Izuzetno, četvrtkom, imamo sastanak sa šefom. Pošto
šef obično kasni ili ne dođe, to vrijeme iskoristimo za dogovore o
vikendu. Od pet do sedam čekamo da neko prvi pođe kući, a oko
devet izlazimo ili idemo na neki prijem ili party. Posao nije težak.
Najteže je sastaviti dnevna saopštenja lokalnim novinarima i
odgovarati na njihova pitanja. Srećom, od nas se ne očekuje da
odgovori budu u vezi sa pitanjima. Važno je samo da se nekoliko puta
ponovi neka riječ koju izabaremo za taj mjesec.
(Ovaj
mjesec je to “korupcija”. Na oglasnoj tabli već ima prijedloga i
za sljedeći: meni se najviše dopadaju
povratak
i
antiterorizam
.)
3


In queste pagine è
evidente la condanna dell’autore alle politiche di colonizzazione
dell’occidente che si nascondono dietro la retorica della liberazione
e della democratizzazione dei popoli. Ci fa riflettere sul fatto che
proprio coloro i quali ieri vendevano le armi, oggi lucrano sulla
loro distruzione. Veličković, nonostante questo, è lungi
dall’idealizzare lo stato bosniaco prima del conflitto, al contrario
la sua satira è anche diretta a sottolineare le contraddizioni del
regime socialista, le politiche del dopoguerra e la stupidità con
cui i cittadini tentano di affermare ad ogni costo la propria
identità nazionale (soprattutto dal punto di vista linguistico).



Ovdje
se govore tri razli
čita
jezika: srpski, hrvatski i bosanski. U povjerenju, mislim da je to
jedan jezik, kojeg svaki od tri naroda zove druga
čije.
(Bilo bi dobro nau
čiti
ga, i onda u CV-u pisati da znaš tri!) Razlikuju se u nekim
rije
čima.
Npr. Srbi kažu kafa, Bošnjaci kahva, a Hrvati kava. […] U jednoj
hrvatskoj kavani, ovo mi je Sakib pri
čao,
u cjenovniku je pisalo kava 1 marka, kafa 2 marke

a
kahva 3 marke. Od tada on svugdje naru
čuje
ili kapu
ćino
ili espreso.”
4


Con
lo stesso sarcasmo vengono criticati i giornalisti bosniaci che non
fanno altro che servire i redattori delle testate e che a loro volta
servono il partito di appartenenza. Le problematiche sociali e
politiche della vita quotidiana nella
Daytonland
saltano immediatamente all’occhio dell’occidentale: la
disoccupazione, la corruzione, il nazionalismo.


La
vera cifra stilistica dell’umorismo di Veličković è però il
linguaggio; pregno di neologismi entrati nella lingua serbo-croata
negli ultimi anni attraverso il
business
english,
segno
evidente di una globalizzazione culturale ma anche linguistica. Fa
inoltre un grande uso del gergo sarajevese e utilizza espressioni
divertenti come

ležeći policajac
(dosso
artificiale, letteralmente “poliziotto sdraiato”),
imao
sam groznu frku
(ho
avuto un grande problema),
surfovati
(navigare su internet),
sapunica
(soap opera),
mamurluk
( sbornia) etc… Ma gli anglicismi presenti nel testo sono
soprattutto funzionali alla caricatura dello straniero: per sua
stessa ammissione l’autore utilizza in larghissima misura espressioni
inglesi benchè queste siano perfettamente traducibili in
serbo-croato:


Ja
se probudim u ovoj faking sobi, u faking hotelu, u faking Bosni”
5

Qui
l’autore avrebbe potuto utilizzare il termine
jebeni
al
posto di

fuking

ma non l’ha fatto. Gli esempi sono innumerevoli: utilizza
ofis
al posto di
kancelarija,
šoping
al
posto di

kupovina, dauntaun

al posto di
grad
o
čaršija,
kis
al
posto di

poljubac, kamerman
al
posto di
snimatelj,
inkredibl
al
posto di
neverovatno,
step
al
posto di
korak
etc..

Inoltre
mantiene invariato il grafema x in parole come
fax
(faks)

e
sex
(seks).

E’
divertente notare come lui si prenda gioco dei locali che scrivono in
un inglese scorretto e approssimativo:
“Pliz
dont parking andr maj balkoni

oppure

Ai vil slip in podrum”
6

 

Alla fine il mistero
viene svelato con un colpo di scena: il protagonista non torna a casa
per festeggiare il Natale come aveva previsto ma si trasferisce a
Belgrado dopo aver lincenziato Sahib. Nella penultima lettera, in cui
spiega a Džordž il motivo per cui quel giorno all’aeroporto di
Heatrow l’aveva atteso invano, finalmente ammette:


Džordž,
bio si u pravu. Od početka, od prve Tvoje sumnje, bio si u
pravu.[…] Da, ja sam se zaljubio. [···] Ne nije to bila ljubav,
bio je to rat, od početka.”
7


La scena d’amore finale,
in cui Sahib concede il suo corpo, è emozionante. L’autore offre qui
la chiave di lettura per rispondere alle domande che implicitamente
pone fin dall’inizio del romanzo: chi siamo noi? Chi sono gli altri?

Si tratta davvero di
amore oppure la sodomia può essere letta come la metafora del
dominio dell’occidente neoimperialista?

                                                                             

 

Nenad
Veličković è nato a Sarajevo nel 1962.
Docente
di letteratura serbo-croata all’Università di Sarajevo, è autore
di opere di narrativa, saggistica, poesia e di sceneggiature
televisive. In italiano sono già apparsi "Il diario di Maja"
(
Konačari,
1995)

e “Il padre di mia figlia”(
Otac
moje kćeri
,
2002); ma è anche autore di

Đavo
u Sarajevu

(1996),
Sarajevski
gastronauti
(2000),
Viva
Sexico

(2006) e
100
Zmajeva

(2007).


I suoi libri sono tradotti in inglese, tedesco, italiano, polacco,
bulgaro, ungherese, sloveno, ceco e macedone.

 

 

1Pag.
5 “Non ho aspettato alla dogana e al controllo dei passaporti
perchè la loro polizia e la loro dogana, a noi (stranieri) non
hanno diritto di controllarci.”

2
Pag. 33. “devo conrollare due f.r.a., non ho ancora messo a posto
gli e.t.f da i.c.q, dal procurment mi chiedono le o.c.d
rivalorizzate, il mio report settimanale non l’ho ancora iniziato e
la dead-line è domani, dall’ o.g.s mi hanno mandato sedici pagine
di g.a.r., inoltre il capo domani si aspetta il mio briefing che
non posso finire senza p.m.s.”


3Pag
10. “ Abbiamo diritto a un’ora di pausa, ma questo vale solo per i
locali. Noi possiamo rimanere anche più a lungo. Dalle nove alle
dieci si leggono le notizie si internet. Dalle dieci alle undici si
mandano e si ricevono barzellette e altre cazzate tramite e-mail.
Dalle tre alle cinque navighiamo su internet o giochiamo al
computer. Eccezionalmente, di giovedì, abbiamo la riunione con il
capo. Siccome il capo generalmente tarda o non viene, approffittiamo
di questo tempo per mettersi daccordo sul week end. Dalle cinqeue
alle sette aspettiamo che il primo vada a casa, e verso le nove
usciamo oppure andiamo a qualche ricevimento o party. Il lavoro non
è difficile. La cosa più difficile è stare dietro alla
comunicazione quotidiana con i giornalisti locali e rispondere alle
loro domande. Per fortuna da noi non ci si aspetta che le risposte
siano legate alle domande. L’importante è che si ripeta alcune
volte una parola che abbiamo scelto per il mese in corso. (Questo
mese la parola è “corruzione”. Nella bacheca degli annunci ci
sono già alcuni consigli per il mese successivo: a me piacciono in
particolare “ritorno” “antiterrorismo”.)

4Pag.27:
“Qui si parlano tre lingue differenti: serbo, croato e bosniaco.
In realtà, credo che sia una lingua sola, che ognuno dei tre popoli
chiama diversamente. (Sarebbe bello impararla, così puoi scrivere
nel CV che ne sai tre!). Si differenziano in alcune parole. Ad
esempio i serbi dicono kafa,
i bosniac
i kahva e i
croati
kava. In una
caffetteria in Croazia, questo me l’ha raccontato Sakib, nel menù
c’era scritto kava 1 marco, kafa 2 marchi e kahva 3 marchi. Da
allora lui ordina daperttutto o un cappuccino o un espresso.

5Pag
7.: “Io mi sveglio in questa fottuta stanza, in un fottuto hotel,
nella fottuta Bosnia”

6Pag
37. “Non parcheggiare sotto il mio balcone perfavore” e “Io
domirò in cantina”.

7Pag
165.

Džordž,
avevi ragione. Dall’inizio, dai tuoi primi dubbi, avevi ragione. Si,
mi sono innamorato. No, non era amore, era una guerra, dall’inizio”

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Rock PartYzani – YUGO

Presentiamo in anteprima mondiale la nuova sigla di Radio Balkaut:

Stay  tuned!

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Senza parole- Bez Teksta

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Torna Radio Balkaut!!!

Probabilmente vi sarete chiesti dove sono finite le vostre affezionatissime pionere preferite. Probabilmente senza di noi le vostre vacanze di Natale 2008 sono state tristi come un film di Vanzina. Non disperate: da domani non sarete più soli.

Dopo una lunga e dolorosa assenza torna radio balkaut ad allietare i vostri noiosissimi martedì sera. Vi aspettiamo come sempre sulle libere frequenze di radio blackout [105.25] dalle h 21 alle h 22.30.

STAY TUNED! 

 

 

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la biografia nascosta di un premio nobel

La biografia sconosciuta di Martti Ahtisaari di A.P.

IL PACIFISTA MONDIALE E’ FIGLIO DI UN NAZISTA

 
Sintesi:
 

Martti Ahtisaari, il politico finlandese che fa il bello ed il cattivo tempo negli ambienti diplomatici ed è uno dei principali protagonisti della soluzione del nodo kosovaro, e’ in verita’ nato in una città della Russia, Viburgo, al confine con la Finlandia, nel 1938. Il padre si arruolò come meccanico nelle fila del battaglione volontario Nord-Est, annesso alla divisione SS “Viking”, la piu’ brutale e fanatica dell’esercito tedesco. Il vero cognome del padre Oiva era Adolfsen. Dopo la guerra cambiò il cognome in Ahtisaari ottenendo poi la cittadinanza finlandese. Le truppe naziste finniche  furono a capo degli attacchi su Stalingrado e nel Caucaso. Lo stesso Himmler dichiarava che i finnici erano i suoi migliori soldati. Ma la Finlandia con una buona propaganda post bellica è riuscita a conservare l’immagine di uno Stato non implicato nei crimini di guerra.

Martti si diploma alle magistrali nella città di Oulu, dove si era trasferito il padre, che poi nel 1960 si sposta a Karaci in Pakistan. A Karaci il giovane Ahtisaari è trainer dei giovani cristiani, insegna cioè l’ educazione fisica nell’Associazione dei giovani cristiani – un movimento di circa 45 milioni di membri di tutte le nazioni, religioni e classi sociali. Scopo di questa educazione è la preparazione dei giovani ad una vita indipendene, la diffusione del messaggio di Gesù Cristo, una maggiore cooperazione tra la gente di diversi credi e ideologie, e la mediazione nei conflitti. Torna in Finlandia nel 1963 e si laurea al Politecnico, ma già nel 1965 inizia a lavorare al Ministero degli Esteri, nell’ambito del  quale, alla Sezione per la cooperazione tecnica, svolge vari incarichi fino al 1972. Fra questi, la vicedirezione del Comitato di consiglio per le questioni commerciali e industriali del governo finlandese. Viking SS

Prima di iniziare il lavoro all’ONU è ambasciatore finlandese nella Repubblica di Tanzania. Nello stesso tempo è membro dell’Istituto dell’ONU per la Namibia. Dal 1984 al 1986 svolge la funzione di sottosegretario di Stato, incaricato alla cooperazione e allo sviluppo, nel Ministero degli Esteri della Finlandia, come pure di delegato speciale per la Namibia dell’allora Segretario ONU Kurt Waldheim – il quale Waldheim, durante la II Guerra Mondiale era stato membro delle unità naziste SA.
Ahtisaari è stato anche governatore finlandese nella Banca Africana per lo sviluppo, come pure nel Fondo internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura.
Il segretario generale dell’ONU Javier Perez de Cuellar lo nomina vice segretario per l’Amministrazione e le direttive dal 1 gennaio 1987. Ahtisaari mantiene la carica di rappresentante speciale per la Namibia e dirige le attività dell’ONU in Namibia dal 1989 al 1990.
Si ritiene che, in quanto contrario alla politica degli USA dopo la  Guerra del Golfo, sia rimasto senza il loro sostegno per la carica di Segretario Generale dell’ONU.

Dal 1 luglio 1991 Ahtisaari è stato Segretario al Ministero degli Affari Esteri finlandese. Dal settembre del 1992 fino a metà aprile 1993 ha presieduto il Gruppo di contatto per la Bosnia ed Erzegovina alla Conferenza internazionale sulla ex Jugoslavia. Dal 1 luglio 1993 per altri 4 mesi è stato consigliere speciale alla Conferenza internazionale sulla ex Jugoslavia e rappresentante speciale  del Segretario generale dell’ONU per la ex Jugoslavia.
Da presidente della Finlandia ne ha sostenuto l’ingresso nell’UE; al referendum del 1984 piu del 56% degli elettori votarono per il SI. Durante il suo mandato a Helsinki si sono incontrati per 2 volte Boris Jeltzin e Bill Clinton. Essendo sempre in conflitto con il Parlamento che chiedeva una politica estera più sostenuta, ma anche in conflitto con il proprio partito, non si è candidato per la seconda volta.
Nel novembre 2005 Kofi Annan lo nomina rappresentante speciale per il Kosovo (e Metohija). All’inizio del 2006 apre a Vienna l’Ufficio delle N.U. per il Kosovo (UNMIK)  dal quale conduce il dialogo sullo status della Regione. Una settimana fa (fine gennaio 2007, ndt) ha presentato la proposta per la soluzione definitiva del Kosovo (e Metohija).
Il diplomatico finlandese aveva parlato nel 1999 del Kosovo con il russo Cernomirdin e con Slobodan Milosevic, per porre fine agli scontri nella regione serba.

Ahtisaari ha rivestito  cariche in varie organizzazioni internazionali. Nel 2000 il Governo britannico lo ha incaricato di sorvegliare il disarmo dell’IRA. Ha fondato anche una ONG di nome Iniziativa per la soluzione delle  questioni a rischio. Attraverso questa nel 2005 ha condotto il dialogo tra il movimento per la libertà dell’Aceh e il governo indonesiano. I colloqui sono terminati con il ritiro dell’esercito indonesiano e il rigetto della richiesta di questo popolo all’indipendenza.
Martti Ahtisaari è anche presidente onorario del Consiglio della Fondazione Euro–asiatica, tesoriere onorario della Fondazione americo–scandinava e membro del Consiglio del Forum nordico per la ricerca. Ha ottenuto numerose onorificenze. È Ufficiale onorario dell’Ordine australiano nel 2002. Nel 2004 ottiene l’Ordine dei commilitoni di Oliver Tambo dall’Unione sudafricana.
È sposato ed ha un figlio, Mark.


A cura di Ivan per il CNJ
 
Sul "negoziatore" Ahtisaari però dobbiamo ricordare anche che si tratta del presidente onorario -sic- della lobby sorosiana ed atlantista "International Crisis Group" – si veda: http://www.crisisgroup.org/home/index.cfm?id=1139&l=1
Si trova anche tra i nomi elencati come membri del gruppo Bilderberg, almeno dal 1994, insieme anche alla Boniver, Bettiza, gli Agnelli… (CNJ) 

Allo stesso articolo di Nedeljni Telegraf è affiancata una scheda:

Una lapide commemorativa dei nazisti
 
Durante i bombardamenti contro la Serbia, nel 1999, la Finlandia aveva deciso di commemorare con una lapide i nazisti finlandesi del battaglione Nord-Ost delle famigerate truppe SS Viking, morti in Ucraina. In questa divisione era in servizio anche "un certo" dottor Josef Mengele.
Questa iniziativa ha trovato un’aspra reazione presso la comunità ebraica finlandese, come anche tra gli ebrei in tutto il mondo ed in particolare dal Centro Simon Wiesenthal e dal Congresso ebraico a Parigi, che dichiararono unanimemente: "La commemorazione dei nazisti finlandesi da parte di Ahtisaari è un’offesa a tutte le vittime del nazismo e distoglie dagli obiettivi fissati dai paesi membri dell’UE nella lotta contro il razzismo e l’antisemitismo".

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Parni Valjak, Jesen u meni

Per il ciclo Rock i Nostalgija, Radio Balkaut presenta i Parni Valjak (uno dei gruppi preferiti in assoluto dalla sottoscritta)…

 Jesen u meni

Ma sto da zelim
Sve je tako daleko
I sad mi zao
Sve bi opet ponovo
Najljepsu pjesmu tebi bi’ pjevao
Hej kamo srece da sam pjevat’ mogao

Ptice u bijegu
Tisina gradi zidove
Zvoni zbogom
Rijeci kazne Bozije
Te tvoje usne opojne
Jos uvijek sanjam kako su me ljubile

Jesen u meni tuguje
Zasto sanjam cemprese
Moje ceste ne vode nikuda
Jesen u meni caruje
A u tebi proljece
Ni sunce ne moze
Ne moze kroz oblake
Rano moja, hej

Najljepsu pjesmu tebi bi’ pjevao
Hej kamo srece da sam pjevat’ mogao

Jesen u meni tuguje
Zasto sanjam cemprese
Moje ceste ne vode nikuda
Bez tebe
Jesen u meni caruje
A u tebi proljece
Ni sunce ne moze
Ne moze kroz oblke
Rano moja, hej

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Tose Proeski e Anna Tatangelo

Ebbene si, è plagio! Il nostro cantante macedone ha copiato paroparo il ritornello di "essere una donna" della ceca di napoli  nella sua canzone "moja". Ascoltare per credere!

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